Giovambattista Palumbo / Anna Maria D’Andrea

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Riforma del catasto: verso il 1° gennaio 2026

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Riforma del catasto, l'accordo sul nuovo testo della legge delega in materia fiscale affianca una rendita ulteriore a quella attuale, mentre viene meno la rendita aggiornata in base al valore patrimoniale. Uno sguardo al passato e al presente, partendo dai punti di partenza delle novità che entreranno in vigore il 1° gennaio 2026.

Riforma del catasto, nel testo della legge delega in materia fiscale cambiano i criteri per la revisione del sistema.

L’accordo raggiunto dai partiti di maggioranza, dopo lo stop causato proprio dalla riforma del catasto, consente di far ripartire la discussione sulla riforma fiscale, che dovrebbe approdare in Aula alla Camera dal 20 giugno 2022.

Cosa cambierà in materia di catasto?

Il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 5 ottobre prevede quattro principi cardine:

Tra gli obiettivi della legge delega vi è poi anche una efficace riforma del Catasto e l’art. 7 così dispone:

“Art. 7 – (Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati)
1. Il Governo è delegato ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una modifica della disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, secondo i seguenti criteri e principi direttivi:

  • a) prevedere strumenti, da porre a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, atti a facilitare e ad accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento delle seguenti fattispecie:
    • 1) gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;
    • 2) i terreni edificabili accatastati come agricoli;
    • 3) gli immobili abusivi, individuando a tal fine specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in quest’ambito;
  • b) prevedere strumenti e moduli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari.

2. Il Governo è delegato altresì ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026, secondo i seguenti criteri direttivi:

Il nuovo testo, messo a punto per superare gli “ostacoli” che hanno rallentato la discussione sulla legge delega in materia fiscale, modifica i contenuti di cui sopra, per fugare ogni dubbio sulla possibilità che dalla riforma del catasto possano derivare nuove imposte sul mattone.

Riforma del catasto: verso il 1° gennaio 2026

Si resta in attesa del nuovo testo della legge delega sulla riforma fiscale per un’analisi più accurata. Nell’attesa, dopo la riunione che il 26 maggio 2022 ha cristallizzato l’accordo tra i partiti di maggioranza, è il Sole24Ore a fornire i primi dettagli.

A cambiare sono le regole alla base della revisione del catasto prevista a decorrere dal 1° gennaio 2026.

Se il testo iniziale prevedeva la costituzione di un sistema catastale basato, oltre che su una rendita parametrata ai valori di mercato, anche sul valore patrimoniale del bene da adeguare periodicamente, la nuova versione cancella il riferimento al valore patrimoniale prevedendo l’attribuzione di una più generica “rendita ulteriore”, sulla base dei criteri definiti dal DPR n. 138/1998.

È confermata l’esclusione delle nuove rendite ai fini fiscali, e riprendendo quanto previsto dall’art. 7, comma2, lett. d) del DdL delega approvato il 5 ottobre 2021, anche la nuova versione dispone che questa non verranno utilizzate ai fini del calcolo di imposte e tasse, al fine appunto di evitare un aumento delle imposte e tasse basate sulla stessa (nuova) risultanza catastale.

L’obiettivo è dunque quello di rivedere le rendite catastali degli immobili situati sul territorio nazionale, laddove il sistema attuale è basato su estimi (cioè le rendite) che rappresentano valori teorici dei canoni ormai desueti e superati.

Le attuali rendite catastali sono infatti basate su tariffe d’estimo individuate ormai decenni addietro e rivalutate con l’applicazione di inefficienti moltiplicatori.

In attesa della definizione delle nuove rendite entro il 1° gennaio 2026, la legge delega conferma che tra i primi passi sul fronte del catasto vi sarà una ricognizione dell’odierno sistema e una modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili (comma 1), con l’introduzione di strumenti, a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle Entrate, per individuare gli immobili non censiti, o che non rispettano l’effettiva reale consistenza o destinazione d’uso o categoria catastale, nonché dei terreni divenuti edificabili, ma ancora censiti come agricoli, e, infine, degli immobili abusivi.

Le maggiori entrate relative alla revisione delle rendite saranno utilizzate per la riduzione della pressione fiscale sugli immobili.

Riforma del catasto: uno sguardo al passato

Il Catasto italiano è datato 1939 e le revisioni successive non ne hanno modificato l’impianto di fondo. Il progetto di riforma previsto dalla delega fiscale punta quindi a sanare un vuoto di misure, seppur con notevoli difficoltà e “paletti”.

La legge delega 23/2014 (art. 2) aveva peraltro già previsto la revisione del Catasto dei fabbricati. Ma tale delega non è stata poi attuata.

Il progetto di riforma all’epoca delineato presentava i seguenti tratti essenziali:

Le direttrici, in sostanza, sono sempre le stesse, a dimostrazione che le criticità sono ormai note da anni. E dall’analisi di quelle che sono state le discussioni di questi anni possiamo probabilmente ricavare anche quali saranno gli sviluppi della stessa legge delega, laddove il progetto di riforma si sarebbe dovuto, già all’epoca, attuare sulla base dei seguenti strumenti:

E, come anche delineato (già il 20 marzo 2019) in sede di audizione parlamentare dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate presso la Commissione di vigilanza sull’Anagrafe tributaria nell’ambito dell’indagine conoscitiva “Per una riforma della fiscalità immobiliare: equità, semplificazione e rilancio del settore”, una prima azione perequativa della tassazione immobiliare poteva appunto essere rappresentata dal superamento del “vano” catastale come unità di consistenza delle unità immobiliari a destinazione abitativa e a uso ufficio, adottando il valore delle superfici per tutte le unità immobiliari ricomprese nei gruppi ordinari A, B e C.

Riforma del catasto: uno sguardo al presente

Soprattutto nelle città maggiori e nelle zone dove il mercato ha “tenuto”, i valori catastali su cui si basano i calcoli dell’Imu sono del resto decisamente più bassi rispetto a quelli di mercato.

Ma lontano da queste aree spesso accade il contrario, e il fisco valuta l’immobile molto più del prezzo che gli eventuali compratori sarebbero disposti a riconoscere.

Infine, si evidenzia che dal 1° febbraio 2021 è cominciata l’attivazione progressiva di “SIT” – Sistema Integrato del Territorio –, il nuovo strumento che l’Agenzia delle Entrate, col Provvedimento del 26 gennaio 2021 n. 20143, ha indicato nel fornire le nuove regole per “lo svolgimento delle funzioni di competenza dell’Agenzia delle Entrate relative al catasto e ai servizi geotopocartografici, nonché in materia di anagrafe immobiliare integrata”.

Con tale Provvedimento, l’Agenzia ha indicato tra l’altro:

Le modalità di fruizione dei servizi di visura telematica.

Disponibilità della base dei dati catastali per i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni, laddove le pubbliche amministrazioni per accedere alla base dei dati catastali devono utilizzare i servizi massivi di interscambio dati - Territorio (Smidt).

Il SIT è un’evoluzione dell’attuale sistema cartografico catastale, una sorta di nuovo catalogo nazionale degli immobili in grado di incrociare diverse informazioni, dove confluiranno le informazioni di tutto il Paese (ad eccezione delle Province Autonome di Trento e di Bolzano): un patrimonio informativo di oltre 74 milioni di immobili urbani e 60 milioni di immobili rurali.

L’obiettivo del SIT è dunque quello di permettere una corretta localizzazione sullo spazio geografico e una precisa descrizione delle caratteristiche rilevanti ai fini fiscali di ciascun immobile censito in catasto, integrando informazioni identificative, tecniche, censuarie, il relativo valore fiscale e utilizzando anche informazioni provenienti da fonti esterne.

Oltre al SIT, che costituisce uno dei pilastri su cui si fonderà l’Anagrafe Immobiliare Integrata, l’altro è costituito dall’Anagrafe dei Titolari (ADT), ossia la banca dati dove sono archiviati i nominativi dei titolari di diritti reali sugli immobili.

Questi due pilastri sorreggono appunto l’Anagrafe Immobiliare Integrata - una infrastruttura digitale già prevista dal D.lgs. 78/2010 – che utilizzerà in maniera integrata i dati catastali e di pubblicità immobiliare, consentendo così un inventario completo e uniforme del patrimonio immobiliare italiano, da cui partire anche per la riforma in esame.

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