Lavoratrici madri, nel 2020 sono quasi 33.000 le donne che hanno lasciato il loro impiego tra dimissioni e risoluzioni consensuali convalidate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Perché? Per quasi tre donne su quattro la conciliazione del lavoro con la cura dei figli è impossibile, prima di tutto per la scarsità dei servizi a disposizione, ma anche per motivi legati al proprio contesto lavorativo.
Le cifre pubblicate dall’INL il 22 settembre 2021nel dimostrano che per favorire l’occupazione femminile, in cima alla lista di necessità, la priorità assoluta è il potenziamento degli asili nido, prima di qualsiasi bonus assunzione.
Tra gli obiettivi ambiziosi evidenziati nel PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, c’è un aumento dell’occupazione femminile del 4 per cento entro il 2026.
Ma attualmente sono diverse le barriere che dividono le donne dal mondo del lavoro. E la Relazione sulle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali 2020, pubblicata dall’INL il 22 settembre, non fa altro che confermare alcuni ostacoli consolidati nel tempo e difficili da scardinare:
Rispetto al 2019, secondo quanto riportato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, c’è stato un calo delle dimissioni e delle risoluzioni pari al 18 per cento. Ma il dato positivo, anche se da leggere tenendo conto delle distorsioni date dalla pandemia, riguarda in particolar modo gli uomini, meno le donne.
In altre parole è diminuito in maniera rilevante, del 31,1 per cento, il numero dei lavoratori padri che lasciano il lavoro, già molto più esiguo in partenza. Mentre la diminuzione ha riguardato meno le donne: la cifra è calata del 13,6 per cento.
INL - Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri
Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri pubblicata il 22 settembre 2020.
Le donne nel mercato del lavoro sono una minoranza. Le lavoratrici madri sono una minoranza nella minoranza, le lavoratrici madri del Sud sono delle mosche bianche: è questo il quadro che emerge.
E anche i dati che accompagnano gli obiettivi del PNRR lo confermano: tra le donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e le donne senza figli c’è una differenza del tasso di occupazione pari a 74,3 per cento.
Perché ci siano le condizioni per arrivare a quel 4 per cento in più sull’occupazione femminile, non si può non tener conto di questi dati, ma soprattutto delle condizioni da cui derivano.
La Relazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro non fornisce solo delle cifre ma indica anche le motivazioni alla base della scelta di interrompere il rapporto di lavoro, che vengono specificate nel modulo di richiesta di convalida di dimissioni o risoluzione consensuale.
Quasi tre donne su quattro indicano la stessa motivazione: la difficoltà di conciliazione del lavoro con la cura dei figli.
L’ostacolo principale è dato dall’indisponibilità dei servizi di cura:
I dati danno un messaggio chiaro: a poco servono tutti i bonus per favorire le assunzioni delle donne, se mancano le condizioni per cercare o a mantenere un’occupazione. Non a caso il tasso di inattività per necessità assistenziali è pari a 35,7 per cento, rispetto a una media europea del 31,8 per cento.
Per favorire l’occupazione femminile prima di tutto bisogna potenziare la rete di asili nido, partendo proprio dal Sud.
Ed è in questa direzione che va il Piano inserito nel PNRR: entro il 2026 dovranno nascere 264.480 nuovi posti negli asili, con il superamento del target europeo fissato al 33 per cento.
In ballo ci sono 4,6 miliardi di euro e un’opportunità da non perdere per provare a erodere una delle barriere più imponenti tra le donne e il mondo del lavoro.