Prima del parto, e dopo la nascita del figlio o della figlia, le lavoratrici hanno diritto ad un periodo di congedo di maternità.
La durata del periodo di astensione retribuita dal lavoro è di cinque mesi.
Le neomamme hanno diritto al riconosciuto di un’indennità pari all’80 per cento della retribuzione, previa presentazione di apposita domanda INPS.
Se di prassi il congedo di maternità viene fruito due mesi prima del parto e nei tre mesi successivi, in specifici casi è possibile utilizzarlo anche interamente dopo la nascita.
Soffermiamoci quindi di seguito sulle istruzioni e sulle regole previste per il 2025.
Come anticipato, tutte le lavoratrici che diventano madri a seguito di gravidanza, adozione o affidamento di minori, hanno diritto al congedo obbligatorio retribuito dall’INPS.
Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, meglio noto come congedo di maternità, è riconosciuto sia per le lavoratrici dipendenti che per le autonome, parasubordinate o libere professioniste.
Le regole previste, tuttavia, sono differenti in base alla Gestione INPS di appartenenza e sebbene negli anni le tutele per le madri siano state estese a tutte le tipologie di lavoro, ci sono ancora oggi alcune differenze.
Ovviamente, durante il periodo di congedo la madre avrà diritto a ricevere una retribuzione: l’indennità di maternità è pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione giornaliera.
L’importo dell’indennità spettante può arrivare fino al 100 per cento qualora il contratto collettivo di riferimento preveda l’obbligo di integrazione da parte del datore di lavoro. Su questo aspetto si invitano i lettori a far riferimento alle regole dettate dai singoli CCNL.
A pagare è il datore di lavoro o l’INPS, come nel caso di colf e badanti.
Per le iscritte alla Gestione separata INPS, il congedo di maternità è riconosciuto se nei 12 mesi che precedono il periodo di astensione dal lavoro risulti attribuita almeno una mensilità di contribuzione con aliquota piena.
La maternità per i dipendenti, invece, spetta fin dal primo giorno di lavoro.
Dopo le opportune premesse, vediamo di seguito chi può presentare domanda per fruire del periodo di congedo di maternità INPS:
Dall’elenco sopra riportato è evidente il decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, Testo Unico maternità e paternità, abbiano voluto riconoscere il diritto all’astensione dal lavoro dopo il parto a tutte le donne lavoratrici, anche in caso di disoccupazione.
La durata del congedo di maternità obbligatorio e retribuito dall’INPS è di cinque mesi per tutte le categorie di lavoratrici riportate nell’elenco sopra riportato.
Secondo le regole stabilite dall’INPS e sulla base di quanto previsto dagli articoli 16 e seguenti del Testo Unico sulla maternità e sulla paternità, il periodo di congedo parte da due mesi prima dalla data presunta del parto.
La decorrenza è tuttavia anticipata nei casi di gravidanza a rischio o di mansioni incompatibili con la gravidanza e, in tal caso, il periodo di congedo potrà essere ulteriormente prorogato (oltre alla possibilità di beneficiare, dopo la maternità, anche del congedo parentale).
Dopo il parto, invece, i mesi di congedo di maternità sono tre.
Tuttavia per lavoratrici e datori di lavoro la legge è abbastanza flessibile, perché consente anche di posticipare la data di inizio dei mesi di congedo obbligatorio, rendendo possibile lavorare anche fino all’ottavo mese di gravidanza qualora non vi siano rischi per il nascituro.
È inoltre possibile fruire anche del congedo di maternità dopo il parto, a specifiche condizioni.
Fermo restando le regole generali, chiariamo come funziona il congedo per dipendenti, autonome e iscritte alla Gestione separata INPS.
Per capire nel dettaglio come funziona il congedo obbligatorio per le neo-mamme, vediamo le regole previste per ciascuna categoria di lavoratrici.
Le lavoratrici dipendenti hanno l’obbligo di astensione dal lavoro nel periodo che va dai due mesi precedenti alla data presunta del parto fino ai tre mesi dopo il parto.
Questo periodo può essere esteso per motivi legati alla salute della lavoratrice oppure a mansioni rischiose.
Il diritto al congedo di maternità non è rinunciabile e il datore di lavoro ha il divieto di obbligare e chiedere alla lavoratrice di lavorare.
Come anticipato precedentemente, l’indennità riconosciuta è pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione percepita, ed è a carico dell’INPS.
Il congedo per adozione o affidamento preadottivo non è obbligatorio e la madre può anche rinunciarvi. Per l’affidamento non preadottivo, invece, la durata del congedo è ridotta di due mesi ed è pari quindi a tre mesi.
Anche le iscritte alla Gestione separata INPS (parasubordinate e lavoratrici autonome) hanno il diritto al congedo di maternità.
La durata è sempre di cinque mesi ma l’indennità, pari all’80 per cento del reddito medio giornaliero dei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo, è riconosciuta se sussiste un determinato requisito contributivo.
Per poter accedere alla tutela è necessario che nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di congedo risulti attribuita nella Gestione Separata almeno una mensilità di contribuzione con aliquota piena.
Può quindi verificarsi che, a fronte di un obbligo di astensione dal lavoro, la lavoratrice non abbia diritto all’indennità.
In merito alla durata del congedo si ricorda che l’indennità di maternità può essere richiesta per ulteriori tre mesi, e quindi per un totale di 8 mesi, a condizione che nell’anno precedente l’inizio del periodo di astensione dal lavoro risulti dichiarato un reddito inferiore a 8.145 euro.
In questo caso sono previste alcune differenze: le libere professioniste non hanno il divieto assoluto di lavorare ma, qualora richiedano l’indennità, dovranno astenersi dall’attività lavorativa.
Le lavoratrici parasubordinate, invece, non possono svolgere attività lavorativa in quanto è fatto divieto al committente di adibirle al lavoro negli stessi periodi di maternità previsti per le lavoratrici dipendenti.
Le lavoratrici autonome (artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone, mezzadre, imprenditrici agricolo a titolo principale, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne) hanno diritto durante i cinque mesi di congedo di maternità ad essere retribuite anche nel caso in cui continuino a lavorare.
Anche in questo caso, il congedo di maternità può essere esteso per ulteriori 3 mesi in caso di reddito dichiarato inferiore a 8.145 euro.
L’importo riconosciuto è pari all’80 per cento del reddito giornaliero ed è corrisposto nel rispetto del requisito della regolarità nel versamento dei contributi.
Le lavoratrici autonome potranno beneficiare di una tutela più estesa per quanto riguarda l’indennità di maternità, così come previsto dal decreto n. 105/2022.
È possibile richiedere l’indennità giornaliera anche per i periodi di maternità anticipati, prima dei canonici 2 mesi alla data del parto, dovuti ad eventuali complicanze della gravidanza.
Per poterne fruire, quindi, è necessario un accertamento medico della ASL, che verificherà le condizioni della gravidanza.
Secondo quanto previsto dalla legge 184/1983, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità INPS spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.
Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore.
Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore.
Tale congedo spetta anche alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione separata secondo le ultime novità illustrate dall’INPS con la circolare n. 66 del 20 aprile 2018.
Ci sono alcuni casi in cui il periodo di congedo obbligatorio è riconosciuto al padre, e si tratta di tutti quei casi di impossibilità per la madre del bambino di fruire del proprio diritto.
Nello specifico, il congedo di paternità è riconosciuto in caso di:
In caso di adozione o affidamento di minori, oltre agli eventi sopra riportati, il congedo di paternità è fruibile dal padre a seguito della rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.
Il congedo di paternità dura sempre cinque mesi. Se la madre è non lavoratrice, il congedo di paternità termina dopo tre mesi dal parto.
La domanda di congedo di maternità INPS dovrà essere inviata prima dei due mesi che precedono la data prevista per il parto e il termine ultimo è fissato al massimo entro un anno dalla fine del periodo indennizzabile.
Prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice deve far pervenire all’INPS il certificato medico di gravidanza, per il tramite di un medico del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato.
La lavoratrice è tenuta a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto.
Come fare domanda di congedo di maternità
Le lavoratrici e i lavoratori possono presentare la domanda di congedo di maternità online all’INPS attraverso il servizio dedicato.
La domanda prevede la possibilità di allegare:
In alternativa alla procedura online sul sito dell’INPS, la domanda di congedo di maternità può essere presentata anche tramite: