Nota di variazione IVA in aumento, nel caso dei piani attestati deve essere emessa solo con il pagamento

Tommaso Gavi - IVA

In quali casi deve essere emessa la nota di variazione IVA in aumento, nelle ipotesi di piani attestati che sono pubblicati nel registro delle imprese? La variazione in aumento per l'operazione deve essere emessa solo nel caso in cui sia effettuato il pagamento

Nota di variazione IVA in aumento, nel caso dei piani attestati deve essere emessa solo con il pagamento

L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sui casi in cui deve essere emessa la nota di variazione IVA in aumento nel caso di piani attestati che sono pubblicati nel registro delle imprese.

La variazione in aumento, dopo l’emissione di una nota di variazione in diminuzione, deve essere emessa per la stessa operazione esclusivamente nel caso in cui venga effettivamente effettuato il pagamento, totale o parziale.

Lo spiega la risposta all’interpello numero 359 del 23 giugno 2023.

A prevedere tali modifiche è il decreto Sostegni bis, che disponendo che ha disposto modifiche alla disciplina nel caso di mancato pagamento del corrispettivo legato a procedure concorsuali.

Nota di variazione IVA in aumento, nel caso dei piani attestati deve essere emessa solo con il pagamento

Con la risposta all’interpello numero 359 del 23 giugno 2023, l’Agenzia delle fornisce chiarimenti in tema di nota di variazione IVA.

Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 359 del 23 giugno 2023
Chiarimenti sulla nota di variazione, da emettere sulla base dell’articolo 26 del decreto IVA.

Lo spunto nasce dalla complessa situazione presentata dall’istante, coinvolto in un accordo transattivo regolamentato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma 3, lettera d), della legge fallimentare.

Dopo aver descritto la situazione, l’istante chiede se la sopravvenuta inefficacia di un accordo transattivo stipulato nell’ambito di un piano attestato di risanamento, con ripristino del debito originario, faccia sorgere l’obbligo di emissione da parte del cedente di una nota di variazione IVA.

L’Amministrazione finanziaria fornisce i chiarimenti del caso, dopo aver richiamato il quadro normativo di riferimento.

La disciplina della nota di variazione IVA è stata modificata dall’articolo 18 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, ovvero il decreto Sostegni bis.

Tale disposizione ha stabilito che, in caso di mancato pagamento del corrispettivo legato a procedure concorsuali non si debba più attendere la conclusione di tali procedure. La modifica normativa incide sul diritto a portare in detrazione l’imposta corrispondente a tali variazioni.

Le modifiche all’articolo 26 del decreto IVA prevedono la conformazione all’ordinamento europeo, che rimette agli Stati la facoltà di stabilire se e a quali condizioni riconoscere il diritto alla riduzione della base imponibile.

Come già sottolineato nella circolare dell’Agenzia delle entrate del 29 dicembre 2021, n. 20:

“la finalità del citato articolo 90 della Direttiva IVA è quella di consentire agli Stati membri di individuare, in considerazione del sistema giuridico nazionale esistente, le situazioni concrete in cui il mancato pagamento può dirsi ragionevolmente verificato e in quale misura.”

Uno Stato dell’Unione europea non può subordinare la riduzione della base imponibile all’infruttuosità di una procedura concorsuale, se la stessa dura oltre 10 anni.

L’art. 26 comma 3-bis del decreto IVA prevede la possibilità per il cedente o prestatore di effettuare la variazione in diminuzione, in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte.

L’emissione della nota di variazione in diminuzione è consentita a partire dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato.

Nota di variazione IVA in aumento: le regole sull’obbligo di emissione

L’Amministrazione finanziaria chiarisce che, dal momento che gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani attestati non sono considerati procedure concorsuali in senso stretto, il cedente o prestatore può portare in detrazione l’IVA esposta nella nota di variazione.

La controparte, invece, può ridurre della stessa misura la detrazione che aveva effettuato, riversando l’imposta all’Erario.

Il comma 5-bis dello stesso articolo 26 del decreto IVA prevede che, nel caso in cui il corrispettivo sia pagato in tutto o in parte dopo l’emissione della nota di variazione in diminuzione, si applichi l’obbligo di emettere una nota di variazione in aumento.

Una volta assolto l’obbligo in questione, il committente può portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento.

L’Agenzia delle Entrate sposa, quindi, la soluzione proposta dall’istante.

In conclusione, la stessa Amministrazione finanziaria sottolinea quanto di seguito riportato:

“D’altronde, anche in ragione di un principio di economicità, a fronte dell’acclarato omesso pagamento da parte del cessionario/committente, che questi tramite il piano riconosce ed il professionista indirettamente attesta con successiva pubblicazione nel registro delle imprese, l’obbligazione iniziale rimane inadempiuta e l’eventuale risoluzione dell’accordo raggiunto in base al piano non muta tale aspetto.”

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