Accertamento istantaneo se il controllo è “a tavolino”

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

Non è necessario il processo verbale di constatazione e non è previsto il termine dilatorio di 60 giorni prima dell’emissione dell'atto impositivo in caso di avviso di accertamento successivo alle risposte del contribuente ad un questionario inviato dall'Ufficio senza alcun accesso, ispezione o verifica fiscale

Accertamento istantaneo se il controllo è “a tavolino”

Nel caso in cui l’avviso di accertamento faccia seguito alle risposte del contribuente ad un questionario inviato dall’Ufficio, senza lo svolgimento di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività di impresa o professionale, l’Amministrazione non è tenuta a redigere il processo verbale di constatazione e a concedere il termine dilatorio di 60 giorni prima dell’emissione dell’atto impositivo.

Questo il principio contenuto in diverse pronunce giurisprudenziali, come nella datata ma sempre attuale Ordinanza della Corte di Cassazione n. 5167/2023.

Accertamento istantaneo se il controllo è “a tavolino”: la decisione della Corte di Cassazione

Il ricorso segue la notifica di un avviso di accertamento al contribuente, esercente l’attività di taxista nautico, con cui l’agenzia delle entrate ha ricostruito con metodologia analitico-induttiva i propri redditi.

Il ricorso è stato respinto dalla CTP e avverso tale decisione il contribuente ha proposto appello.

Anche la CTR respingeva il ricorso del contribuente, a cui è seguita impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione, laddove il contribuente ha censurato violazione o falsa applicazione del citato art. 12, co. 7, dello Statuto del contribuente per avere la CTR ritenuto legittima l’omessa redazione del processo verbale di constatazione e dell’instaurazione del contraddittorio.

Anche la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata trattandosi, nel caso di specie, di un accertamento che ha fatto seguito alle risposte del contribuente al questionario inviato dall’Ufficio, e quindi non di un controllo effettuato nei locali dello stesso.

Sul punto il Collegio di legittimità ha confermato il principio per cui, in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino.

In effetti, l’obbligatorietà dell’istituto del contraddittorio endoprocedimentale, che caratterizza i rapporti tra Erario e contribuente, non giunge fino al punto di imporre termini dilatori assoluti all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione, sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente.

Ne consegue che gli avvisi di accertamento, emessi a seguito delle risposte fornite dal contribuente al questionario inviatogli dall’Ufficio, senza lo svolgimento di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività di impresa o professionale, non sono assoggettati al termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

A ciò si aggiunga quanto in diverse occasioni chiarito dalla medesima Corte in tema di applicazione del termine dilatorio per l’emissione dell’atto impositivo, che non opera nell’ipotesi di accertamenti c.d. a tavolino, salvo che il controllo riguardi tributi «armonizzati», come l’IVA.

In tale ipotesi, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto del termine di 60 giorni ha in ogni caso l’onere di indicare, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo.

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