È palese l'urgenza di una riforma fiscale che superi l'attuale sistema: ecco un decalogo che arriva dall'associazione italiana dottori commercialisti e qualche spunto di riflessione in merito.
L’AIDC - Associazione italiana Dottori Commercialisti - ha elaborato un documento che, come riporta lo stesso nella sua introduzione, è una riformulazione della proposta in 10 punti presentata qualche anno fa, con l’intento di offrire un contributo fattivo all’auspicato new deal del sistema economico italiano e segnatamente del mondo professionale ed imprenditoriale, ed a tale scopo è stato presentato alle forze politiche lo scorso 7 settembre.
Dall’esame dello stesso si evince che sono tre le aree di intervento individuate e che ricomprendono le diverse proposte:
- interventi sull’ordinamento e il sistema tributario;
- misure a salvaguardia del sistema economico del paese;
- iniziative volte a favorire lo sviluppo dell’attività professionale e d’impresa.
Nella prima area, Interventi sull’ordinamento e il sistema tributario, sono ricomprese le seguenti proposte:
1. elevazione a rango costituzionale dello Statuto dei diritti del contribuente;
2. sottrazione della competenza della giurisdizione tributaria al Ministero dell’Economia e Finanze;
3. codificazione unitaria delle norme tributarie - elaborazione di tre testi unici: TUIR,
TUIVA, TUIT e conseguente divieto di formulazione di leggi tributarie al di fuori di essi.
Nella seconda area, Misure a salvaguardia del sistema economico del paese, le proposte sono:
4. istituzione permanente dell’Organo di controllo della spesa pubblica;
5. obbligo di revisione contabile per tutti i soggetti beneficiari di contributi pubblici;
6. moratoria dell’entrata in vigore delle misure connesse al Codice della crisi d’impresa;
7. revisione delle modalità di dilazione dei debiti tributari;
Nella terza area, Iniziative volte a favorire lo sviluppo dell’attività professionale e di impresa, queste le idee proposte:
8. riduzione al 50% dell’imposizione sul reddito incrementale di imprese e professionisti;
9. riduzione fino al 50% dell’imposizione sul reddito incrementale per imprese e professionisti in proporzione all’incremento del costo del lavoro;
10. misure a favore dell’aggregazione di professionisti;
Il documento dell’AIDC conclude con una osservazione finale obiettivamente sotto gli occhi di tutti:
“In generale, salvo la proposta delle ultime tre misure di cui sopra, di carattere specificatamente professionale, ciò che appare indispensabile è che si ponga fine all’improprio meccanismo di incremento del carico fiscale per effetto di subdole limitazioni al diritto di deduzione e detrazione.
Solo così, si potrà garantire che la misura delle aliquote di imposta nominali corrisponda all’effettivo prelievo fiscale maturato sul reddito disponibile.”
Facendo più avanti esplicito riferimento al trattamento fiscale dei costi dei veicoli della telefonia e degli immobili ed una ultima condivisibile osservazione critica sul diverso trattamento fiscale riservato a redditi della stessa natura ma diversamente trattati in base alla tipologia di soggetto.
Un documento questo dell’AIDC che può rappresentare un buon sunto di quello che un po’ tutti gli operatori del settore vorrebbero venisse effettuato.
Poi vi possono essere i vari distinguo nel merito delle idee sopra illustrate come pure altre proposte che potrebbero rivelarsi una valida e più immediata e fattibile alternativa a queste come detto valide proposte di intervento individuate dal decalogo AIDC.
Considerazioni sullo statuto dei diritti del contribuente
Lo Statuto dei diritti del Contribuente ha ormai superato i venti anni ed è del tutto evidente che seppur valido nella sua formulazione dei principi di tutela, ha difetti intrinsechi quali, senza qui esaminare altri aspetti tecnici, la figura del Garante che appare più un passacarte dalle armi spuntate che non un fattivo arbitro come invece in altre Authority, il Garante della Privacy ad esempio.
Un altro aspetto riguarda la possibilità di essere derogato, come previsto dal suo articolo 1:
“1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali“
Basta quindi una frase aggiunta al qualsiasi testo di legge del tipo “in deroga alla legge 27/7/2000 n. 212” ed ecco superato l’ostacolo alla ricerca del gettito da parte dei governi susseguitisi in questo ventennio abbondante.
Certo il rango costituzionale darebbe allo Statuto ben altra importanza ma basterebbe già limitare queste deroghe a pochi e precisi casi per rafforzare l’intero contenuto del documento.
Va detto che le proposte della prima area del decalogo sarebbero assorbite dalla istituzione di una Authority Fiscale che possa sovraintendere a tutte le funzioni, dalle legislativa alla giudiziaria ed alle attività di prassi, garantendo la terzietà delle parti in causa.
Sulle altre poco da dire se non riguardo al punto 5:
“Sempre nell’ottica del controllo e contenimento della spesa pubblica, si rende indispensabile che l’istituto della revisione contabile, sancito per le società commerciali dimensionalmente rilevanti, venga esteso anche a tutti quei soggetti, che, a prescindere dalle dimensioni, godano di contributi pubblici .”
Ci si lamenta spesso dell’appesantimento degli adempimenti più che della imposizione fiscale in se stessa e poi si propone l’estensione dell’obbligo di un istituto quale appunto la figura del revisore ad attività marginali che percepiscono qualche centinaio di euro in contributi regionali?
Non credo che sia questa la strada giusta o quanto meno la reale intenzione dell’estensore della proposta.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Riforma fiscale: un decalogo su cui ragionare insieme