Gianfranco Antico

- Dichiarazioni e adempimenti


Il raddoppio dei termini di decadenza dell’azione accertatrice: la posizione della Cassazione

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La sentenza della Corte di Cassazione numero 31413/2022 ritorna ad affrontare una questione sempre di attualità, in particolare a fine anno: il raddoppio dei termini di decadenza dell’azione accertatrice, in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale.

Come è noto, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 37, comma 24, del D.L. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006, all’art.43 del D.P.R. n. 600/1973, dopo il secondo comma, è stato previsto che:

In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione

Parallelamente, il legislatore è intervenuto ai fini IVA: infatti, il comma 25 del citato D.L. n.223/2006, ha inserito, all’articolo 57 del D.P.R. n.633/1972, dopo il secondo comma, lo stesso capoverso.

Ai fini Irap, il tormentato raddoppio dei termini è stato oggetto di attenzione, sia da parte della giurisprudenza che della dottrina.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4775 dell’11 marzo 2016, ha affermato che

la disciplina introdotta dall’art.37 del DL n.233/2006, come successivamente convertito, non si applica agli accertamenti relativi all’IRAP

Principio, peraltro, ribadito ancora con l’ordinanza n. 1425, depositata in data 19 gennaio 2018, con cui la Corte di Cassazione ha confermato che per le violazioni ai fini Irap non è applicabile il c.d. raddoppio dei termini per l’accertamento:

la disciplina penale tributaria risulta pertanto non applicabile all’Irap, in quanto le violazioni riferibili a tale imposta non sono idonee a porre in essere fatti penalmente rilevanti; una diversa interpretazione si pone in contrasto con il divieto di analogia, ai sensi di quanto espressamente previsto dal comma 2 dell’articolo 25 Costituzione

Sul punto, la stessa Guardia di Finanza, con la circolare 1/2018, ha escluso il raddoppio dei termini per le violazioni IRAP.

In questo contesto, l’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 128/2015, ha aggiunto all’art.43, comma 3, del D.P.R.n.600/1973, in fine, un periodo, in forza del quale

Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti

Allo stesso modo, il legislatore è intervenuto con il comma 2, dell’art.2, del D.Lgs.n.128/2015, sull’art.57, terzo comma, del D.P.R. numero 633/1972, aggiungendo, in fine, lo stesso periodo inserito nella norma reddituale.

In pratica, per gli atti notificati a partire dal 2 settembre 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs.n.128/2015, il raddoppio dei termini opera solo nel caso in cui la denuncia, dell’Amministrazione finanziaria o della Guardia di Finanza, sia inoltrata entro i termini ordinari (4 anni, in caso di dichiarazione presentata, e 5 anni, in caso di dichiarazione omessa).

Particolare attenzione il legislatore delegato ha dedicato al regime temporaneo, per le implicazioni che ne potevano derivare sull’attività di controllo e accertamento, fissando nella data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 128/2015 - 2 settembre 2015 – il momento temporale che fa da spartiacque:

Raddoppio dei termini di decadenza nell’accertamento tributario: i punti essenziali dell’attuale posizione della Corte di Cassazione

Dopo aver analizzato l’attuale situazione normativa, sintetizziamo quindi per punti il pensiero espresso dai massimi giudici nella recente sentenza n. 31413/2022:

Ordinanza della Corte di Cassazione numero 31413 del 24 ottobre 2022
Il raddoppio dei termini di decadenza dell'azione accertatrice: la posizione della Corte di Cassazione in materia

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