Parità di genere nella Pubblica amministrazione, approvate le linee guida: nel documento diffuso il 7 ottobre una fotografia della situazione attuale, degli obiettivi da raggiungere a livello italiano ed europeo e, in forma embrionale, le possibili strategie da adottare per la realizzazione di un’“organizzazione lavorativa più inclusiva e rispettosa”. Modelli di lavoro flessibile e smart working al centro.
Con le firme della Ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti, e del Ministro per la PA, Renato Brunetta, arriva il via libera sul manuale di istruzioni da seguire per accorciare le distanze tra uomo e donna nei luoghi di lavoro del settore pubblico.
Consapevolezza, pragmatismo, flessibilità, apprendimento sono le parole chiave delle linee guida, ma nel documento non mancano le criticità.
Le “linee guida sulla parità di genere nell’organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni” sono indirizzate a chi ricopre ruoli di vertice e a chi si occupa della gestione delle risorse umane.
Suggerire un metodo per intervenire sul disequilibrio che tocca anche il settore pubblico è l’ambizione con cui nascono.
L’approvazione di un manuale di istruzioni da seguire è sicuramente una buona notizia, ma la lettura del documento fa saltare all’occhio alcune criticità, a partire dalle parole utilizzate.
“Si raccomanda l’uso delle forme femminili corrispondenti ai nomi maschili o l’uso di entrambe le forme in ambito professionale, ad esempio per titoli professionali, nomi di funzioni e ruoli riferiti a donne. In alternativa, è sempre più accettata la prassi di sostituire la forma generica maschile con l’esplicitazione della forma maschile e di quella femminile”.
Si legge nel testo. Ma in alcuni passaggi prevale l’uso del maschile.
Passando ai contenuti, il testo scatta una fotografia sulla parità di genere in Italia e passa a rassegna le strategie in atto in Italia e in Europa per accorciare le distanze tra uomini e donne.
I dati non sono rassicuranti. L’Italia è al 14° posto tra i 27 paesi UE in tema di parità di genere, nessuno degli Stati Membri ha raggiunto la parità: “i progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale”.
Manca, però, totalmente una messa a fuoco sulla Pubblica Amministrazione italiana. Quante sono le donne nella PA e che ruoli ricoprono? Rappresentano il 56 per cento, ma solo nel 38 per cento dei casi si trovano in una posizione da dirigente di prima fascia e nel 27 per cento in quella di Direttrici Generali. Le cifre arrivano da una ricerca condotta da SDA Bocconi pubblicata all’inizio di quest’anno.
E anche per quanto riguarda le direzioni già intraprese, dal PNRR al Family ACT, il documento non specifica come e se queste direzioni stiano orientando l’organizzazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni.
Se, come si legge nel testo, “consapevolezza” è una delle parole chiave delle linee guida per la parità di genere nella PA bisogna partire proprio da una visione chiara del contesto in cui si opera per poter agire in maniera efficace, a maggior ragione se il documento si rivolge ai vertici e i vertici sono popolati dagli uomini.
A questa riflessione si lega anche il punto di partenza suggerito dalle linee guida: il lavoro sulla parità di genere dovrebbe partire da un’attività di autovalutazione da parte delle pubbliche amministrazioni.
Dalla responsabilità chiara dei dirigenti per la mancata carriera delle donne alla garanzia di pari opportunità di promozione tra uomini e donne, sono diverse le dimensioni cui la PA dovrebbe interrogarsi ma, in linea con un approccio aperto alla questione, il documento resta teorico. Più pratico, invece, è l’invito a far parlare i dati:
Sempre nell’ottica di tracciare una linea direttrice ampia per le pubbliche amministrazioni, dal reclutamento all’organizzazione del lavoro il testo fornisce delle indicazioni di massima.
Uno degli aspetti più pratici su cui si pone l’accento è la costruzione di un modello organizzativo orientato verso la flessibilità.
Nella PA disegnata dalle linee guida per la parità di genere dovrebbero essere potenziati gli strumenti di conciliazione vita lavoro, fondamentali per le donne così come per gli uomini ma utilizzati ancora troppo poco da chi ricopre posizioni apicali.
Allo stesso modo bisogna mettere a frutto, nel bene e nel male, l’esperienza dello smart working maturata durante gli anni di pandemia con un’attenzione particolare:
“Si invita, in ogni caso, ad evitare che il lavoro agile diventi – come già il part-time – uno strumento rivolto solo alle donne, per favorire le pratiche di conciliazione, al fine di ridurre il rischio che diventi terreno di discriminazione sostanziale”.
Le linee guida sulla “parità di genere nell’organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni” rappresentano senza un primo importante tassello per costruire una PA più inclusiva e rispettosa ma, come sottolinea lo stesso documento in conclusione, bisognerà tornare ancora sulla questione per definire una direzione efficace.
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Linee Guida sulla parità di genere nell’organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le PA
Il documento approva il 6 ottobre 2022