L’emergenza Covid ha allargato ulteriormente la distanza, sul lavoro e non solo, tra donne e uomini: l’ampio divario di genere, che garantisce diverse posizioni di partenza e di arrivo, si è fatto ancora più ampio con l’arrivo della pandemia.
A sottolinearlo è la ricerca condotta sul tema dall’istituto di formazione post universitaria Rome Business School e presentata lo scorso 2 marzo 2022.
Input positivi dovrebbero e potrebbero arrivare dal PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La speranza è legittima, ma la sfida appare molto, troppo, ambiziosa.
Gender gap è una parola universale. D’altronde se il contesto crea la lingua, il divario di genere è un questione globale. Secondo il report redatto sul tema dal World Economic Forum per mettere donne e uomini sullo stesso piano ci vorranno 135 anni.
A portare un’attesa, già lunga, ben oltre il secolo è stata la pandemia: le donne hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto della crisi economica e sociale.
In tutto il mondo l’occupazione femminile è in calo e i carichi di cura in crescita, i regressi allungano di ben 36 anni l’arrivo della parità.
L’Italia non fa eccezione. Emerge anche dall’ultimo Bilancio di genere redatto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che pure tiene conto solo del 2020, primo anno di Covid:
I dati rappresentano la punta di un iceberg. I passi indietro sulla partecipazione al lavoro da parte delle donne sono la prova di un impatto della pandemia che si riflette su più versanti.
La ricerca “Il Gender Gap in Italia. Donne, Covid e futuro del lavoro: il ruolo del PNRR e del mondo dell’informazione”, analizzando il Global Gender Gap Index (che tiene conto dei dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro - ILO, del team LinkedIn Economic Graph e di Ipsos), sottolinea che il periodo di difficoltà ha portato da un lato una forte spinta verso la digitalizzazione e l’adozione di nuove tecnologie e dall’altro un crescente doppio carico di lavoro e cura familiare, con conseguenze maggiori soprattutto per le donne.
Più nello specifico la crisi sanitaria, economica e sociale determina uno scenario sempre meno adatto a ridurre il divario di genere:
La lettura di queste cifre, poi, va fatta alla luce di un dato culturale che ne è origine e conseguenza: i carichi di cura, aumentati durante il lockdown e i lunghi mesi di restrizioni, spettano in gran parte alle donne.
“Nonostante i padri abbiano aumentato il tempo dedicato all’assistenza all’infanzia durante la pandemia, in media le donne continuano a svolgere un doppio turno più ampio in termini di tempo e con conseguente riduzione dell’orario di lavoro con la conseguente implicazione che si verifichi una maggiore incidenza di abbandono della forza lavoro”.
Sottolinea il documento elaborato dalla Rome Business School.
In questo panorama poco incoraggiante, si inserisce la speranza del PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che alle donne dedica risorse e missioni e punta a migliorare del 4 per cento l’occupazione femminile entro la scadenza del 2026.
La sfida, non solo in termini percentuali, è molto ambiziosa, soprattutto se si tiene conto di due considerazioni.
La prima riguarda il contesto: alla luce degli effetti del Covid, più che l’occasione di un balzo in avanti sembra essere l’opportunità per recuperare i passi indietro.
La seconda riguarda i contenuti: le misure del PNRR sembrano ancora troppo ancorate allo schema culturalmente consolidato per cui alla donna, e solo a lei, sono affidati i carichi di cura.
Corrono su un filo sottile tra il contrasto e la conferma di questo paradigma, che è uno dei pilastri su cui si fonda il divario di genere in tutte le sue declinazioni.
Rome Business School - Il gender gap in Italia
Donne, Covid e futuro del lavoro: il ruolo del PNRR e del mondo dell’informazione