Cessione immobiliare: non basta il valore del registro per accertare la plusvalenza

Emiliano Marvulli - Imposte di registro, ipotecarie e catastali

Cessione immobiliare: la plusvalenza da cessione immobiliare non può essere determinata induttivamente solo sulla base del valore accertato ai fini dell'imposta di registro. Necessari ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti. A stabilirlo la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 1581 del 26 gennaio 2021.

Cessione immobiliare: non basta il valore del registro per accertare la plusvalenza

L’Amministrazione finanziaria non può determinare induttivamente la plusvalenza da cessione immobiliare solo sulla base del valore accertato ai fini dell’imposta di registro, essendo necessari ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti.

Solo a questo punto l’onere della prova si sposterà sul contribuente, il quale dovrà fornire prove di segno contrario idonee a superare quelle offerte dall’Agenzia delle entrate.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 1581 del 26 gennaio 2021.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 1581 del 26 gennaio 2021
Scarica il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 1581 del 26 gennaio 2021.

La sentenza – Con apposito avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate accertava induttivamente un maggior reddito imponibile, per effetto della rilevata plusvalenza non dichiarata dal contribuente a seguito di una cessione di un terreno, determinata solo sulla base dello scostamento del prezzo di cessione dal valore determinato ai fini dell’imposta di registro.

Avverso l’atto de qua il contribuente ha proposto ricorso, accolto sia in CTP che in CTR.

I giudici d’appello, in particolare, hanno rilevato che l’accertamento di maggior valore ai fini dell’imposta di registro non poteva costituire la base di calcolo per la plusvalenza, con la conseguenza che l’atto impositivo doveva essere annullato.

Contro la decisione della CTR l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione degli artt. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 e 2729 cod. civ. e affermando di avere quantificato la plusvalenza facendo riferimento al valore definito per l’imposta di registro, presumendo una corrispondenza tra il prezzo percepito dal contribuente per la cessione ed il relativo valore di mercato.

A parere dell’Ufficio è onere del contribuente superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato definito in sede di applicazione dell’imposta di registro.

I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno ritenuto infondato il summenzionato motivo e rigettato il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria.

Il Legislatore nazionale, intervenendo in materia di valore normale dei beni venduti, con l’art. 5, co. 3 D.Lgs. 147/2015 ha puntualizzato che “per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347”.

La richiamata norma ha consentito di superare, con efficacia retroattiva, il precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui era consentito all’amministrazione finanziaria di procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale, sulla base del solo rilevamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro.

Con la sentenza in commento, infatti, il Collegio di legittimità conferma l’orientamento prevalente per cui il D.Lgs. 147/2015 “ha valore di interpretazione autentica della previgente disciplina ed è, quindi, da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, posto che il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative”.

Per effetto dello ius superveniens, la Corte di cassazione ha statuito che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5 citato esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.

Se ne deduce che non è possibile ricondurre al solo dato del valore del cespite ai fini dell’imposta di registro il fondamento dell’accertamento della plusvalenza ai fini IRPEF, dovendo invece l’Ufficio provvedere ad individuare ulteriori indizi, dotati dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, che possano supportare adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.

Solo a questo punto l’onere della prova si sposterà sul venditore, il quale dovrà fornire prove di segno contrario idonee a superare quelle offerte dall’Agenzia delle entrate.

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