Impresa familiare: definizione civilistica e trattamento fiscale

Francesco Oliva - Irpef

Le regole previste dal codice civile e dal testo unico delle imposte sui redditi in materia di impresa familiare.

Impresa familiare: definizione civilistica e trattamento fiscale

L’impresa familiare è una ditta individuale in cui i familiari dell’imprenditore collaborano nello svolgimento dell’attività aziendale.

Questo particolare istituto del diritto civile e tributario è stato introdotto per la prima volta con la riforma del diritto di famiglia del 1975.

I riferimenti normativi fondamentali sono l’articolo 230 bis del codice civile e l’articolo 5 del TUIR. Con l’impresa familiare è stato introdotto un istituto che consente il riconoscimento formale, fiscale e contributivo del lavoro svolto dai familiari dell’imprenditore all’interno dell’impresa.

Ecco la nostra guida completa all’impresa familiare con particolare riferimento alla definizione civilistica ed al trattamento fiscale.

Impresa familiare: genesi storica e ratio dell’articolo 230 bis del codice civile

L’impresa familiare è stata introdotta dalla Legge 151/1975 ovvero dalla famosa riforma del diritto di famiglia. Con questo provvedimento il codice civile italiano si è arricchito della sezione VI - Titolo VI - Libro I contentente un unico articolo: il 230 bis.

All’epoca si trattò di una svolta epocale, poiché per la prima volta venne formalizzato l’obbligo dell’imprenditore di riconoscere il lavoro svolto dai familiari (definendo con precisione anche chi siano i familiari che possono prender parte con l’imprenditore medesimo all’impresa familiare).

Prima dell’introduzione dell’impresa familiare di cui all’articolo 230 bis del codice civile l’apporto di lavoro dei familiari nell’impresa veniva considerato a titolo gratuito, consentendo notevoli abusi da parte dell’imprenditore disonesto.

La ratio sottesa all’introduzione dell’impresa familiare di cui all’articolo 230 bis del codice civile fu proprio questa: evitare possibili forme di abuso e formalizzare il rapporto di lavoro tra imprenditore e propri familiari nell’ambito della ditta individuale.

Impresa familiare: definizione articolo 230 bis del codice civile

Cos’è l’impresa familiare? Qual è la sua definizione?

Per rispondere a queste domande occorre innanzitutto leggere l’articolo 230 bis del codice civile:

Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa.

I familiari partecipanti all’impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.

Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo.

Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.

Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi.

Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell’azienda.

Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull’azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell’art. 732.

Le comunioni tacite familiari nell’esercizio dell’agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme

Si evidenziano, in particolare, i seguenti aspetti:

  • i casi in cui non si può parlare di impresa familiare;
  • la definizione di familiari dell’imprenditore ai fini dell’istituto in esame.

Quando si può (o non si può) parlare di impresa familiare

L’impresa familiare è un istituto che, per essere tale, necessita della preventiva esclusione di rapporti di natura diversa, quali ad esempio la subordinazione, la società o il contratto di associazione in partecipazione.

Chi sono i familiari dell’imprenditore?

Ai fini della definizione di impresa familiare si considerano familiari dell’imprenditore il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.

La definizione di impresa familiare da parte del Fisco

A livello fiscale l’impresa familiare è disciplinata dai commi 4 e 5 dell’articolo 5 del TUIR:

I redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

La presente disposizione si applica a condizione:

a) che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;

b) che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;

c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.

5. Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado

L’impresa familiare è un’impresa collettiva o un’impresa individuale?

La dottrina giuridica italiana dibatte ormai da parecchi anni circa la natura giuridica dell’impresa familiare; una parte della dottrina, sottolineando il ruolo fondamentale dei familiari nella conduzione e gestione dell’impresa, parla di impresa collettiva.

Tuttavia, un importante indirizzo di pensiero ritiene che l’impresa familiare sia un istituto peculiare dell’impresa individuale, alla luce del ruolo predominante dell’imprenditore per la conduzione della stessa.

Impresa familiare e regime forfettario

Si ricorda, infine, che il contribuente titolare di partita IVA nel regime forfettario non può partecipare ad imprese familiari (così come non può partecipare a società di persone o detenere il controllo di fatto o di diritto di società a responsabilità limitata).

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